UNA VISITA ALLA MUTUA (racconto breve)

UNA VISITA ALLA MUTUA © 2008 Daniele Galassi

Ormai non ne potevo più, erano dappertutto. O meglio, non erano da nessuna parte, tranne che sul mio pene. Quelle macchie erano cominciate neanche mi ricordo più quando, certo è che avevano preso di mira proprio il mio argano del sollazzo. Solo lui e niente altro. Così mi decisi ad andare da un dermatologo, uno di quelli della mutua per pagare meno. Feci tutte le pratiche del caso, aspettai un paio di mesi che arrivasse il mio turno, e il giorno della visita andai in ospedale. Feci la fila per pagare il ticket, pagai il ticket e mi immisi in un’altra fila.

Dopo una mezz’ora adocchiai una infermiera con due bocce da guinness che spingeva una carrozzella vuota. Stava tutta chinata in avanti e la sua scollatura mi si offriva in tutta la sua generosità. Sculettava e ancheggiava per giunta, la signorina. Poi a un certo punto l’inevitabile: marmorizzazione della zona infestata dalle macchie.

Me ne stetti un bel pezzo a fantasticarci sopra, quando tutto d’un tratto realizzai che stavo facendo un errore grossolano: qualcuno stava per guardarmi il pene, non era il caso di avere un’erezione. E proprio in quel momento mi chiamarono. Un tuffo al cuore mi confermò che ero nei guai. Entrai, c’era una dottoressa che mi aspettava. Mentre guadagnavo l’entrata, la pressione all’interno dei capillari sembrava addirittura aumentare: il gingillo mi stava letteralmente scoppiando. La dottoressa notò il mio disagio e mi chiese se stavo bene. Allora cercai di prendere tempo. Le dissi che dovevo controllare diverse cosette. Mi inventai lì per lì un controllo ai nevi. Mi fece togliere la camicia e la maglietta e mi ispezionò. Il membro era ancora marmorizzato. Tutto a posto coi nevi. “Altro?” mi chiese. Sì, altro: mi inventai un problema di forfora. Lei mi diede un’occhiata e mi disse flemmatica: “Lei non ha la forfora. Altro?”

Ero nei guai: l’attrezzo non ci pensava nemmeno a tornare a riposo. “Oddio, ogni tanto ho anche un prurito diffuso”. Lei mi chiese allora se ero allergico alla polvere.
“Mmm…beh potrebbe essere ma non so…”.

Poi però avvenne il fattaccio: abbassò gli occhi e vide che sulla ricetta c’era scritto che il motivo della visita era un altro. Testualmente: “depigmentazione zona genitale”. Piuttosto inequivocabile. “Non si vergognerà?” mi fulminò da sotto gli occhiali.
“No, no, è che quello era solo uno dei motivi…comunque adesso le faccio vedere” balbettai. Mentre mi spogliavo la mia mente andò alle cose più orrorifiche: stragi di bambini, vecchie nude in posizione ambigue, carcasse di animali in putrefazione nel deserto…ma niente da fare: duro, duro, duro. Alla fine gettai la spugna e le sciorinai la mia erezione. Lei lo guardò, non lo toccò e sentenziò: “E’ solo vitiligine. Probabilmente la causa è lo stress. Se le crea disagio con le donne consideri che quando sarà in erezione le macchie rimarranno della stessa dimensione e in proporzione al pene sembreranno più piccole di come sono adesso che ha il pene a riposo”.

In quel momento il mio gingillo ebbe un tracollo totale e batté ritirata, sotto lo sguardo impassibile della dottoressa: e aveva ragione, la dottoressa, perché adesso le macchie sembravano davvero più grandi.

© 2008 Daniele Galassi

L’EDITOR (racconto breve)

L’EDITOR © 2004 Daniele Galassi

“Il tuo racconto non è affatto male sai?”
“Grazie, ci ho perso parecchio tempo… sono contento che non ti sembri la solita boiata!”
“No, no, anzi… è proprio quello che ci voleva, una ventata di novità…” Pausa. “Però… sai che c’è?” mi fa l’editor.
“Cosa?” faccio io. “Manca un po’ di spessore… nel senso che la storia fila via che è una meraviglia, ma manca un messaggio di più ampio respiro, non trovi?”

Ecco lo sapevo. Bisogna che ci sia l’ampio respiro, uno non può raccontare e basta. Ci deve essere sempre un messaggio cosmico sotteso.

“Tipo, ” continua lui, “ quella casa dissestata… la farei in legno, non in pietra… perché il legno è materiale vivo che respira, che si ribella alla passività del non essere, capisci? E poi quando lui acquista l’auto nuova… la farei verde, non rossa! Il verde è il colore della speranza… è più in linea con tutto, non trovi? Né rossa, troppo passionale… né bianca o nera, troppo categorici! Verde la farei. Cosa che si ricollega bene al finale, dove s’intravede lo spiraglio…”
“Quale spiraglio? Finisce con un suicidio!”
“Sì certo, ma non è un suicidio poi così definitivo se lo si legge nella giusta ottica…” “??????????”
“Anzi, io cambierei il suicidio in un tentato suicidio e ci metterei una figura femminile che gli fa cambiare idea…”
“Mmm… e perché?”
“Perché potrebbe simboleggiare l’ancora di salvezza che ognuno di noi vede, o ha bisogno di vedere, in qualcun altro…”
“Ma lui è solo come un cane per tutto il tempo!”
“Sì appunto, mettiamoci una lei e tutto si colora, non pensi?” Poi mi continua: “Anzi, facciamo che lei non c’è fino alla fine, cosicché quando compare si ha un effetto visivo sorprendente, fortissimo! La speranza remota che si concretizza all’improvviso… alla fine, inaspettata, quasi di una violenza carnale… che ne pensi?”
“Mmm… io non volevo dare una sfumatura così ottimistica al tutto…”
“Allora mettiamoci un lui, diamo al tutto un taglio più moderno!”
“Un amico?”
“Direi più un alter ego, e in questo caso tutto il racconto potrebbe simboleggiare nient’altro che la ricerca di sé stessi… sì, grande idea! Queste cose fanno presa e vendono un sacco… che ne dici allora? Ti piace l’idea dell’alter ego?”
“Oddio non è che mi entusiasmi l’idea della ricerca di sé stessi…”
“Capisco… Ah ecco, ci sono: non si potrebbe fare allora che questa figura è solo un’allucinazione schizofrenica? Un sintomo del malessere d’oggi? Dell’incapacità di razionalizzare a fondo il proprio io?”
“Ma… onestamente non… ”
“Hai ragione, hai ragione! So cosa stai per dire: la macchina verde a questo punto non c’entrerebbe più una mazza… la facciamo grigia! Un colore baricentrico, tra il bianco asettico di un’esistenza scevra da tentazioni e il nero di una vita senza moralità? Eh? Cazzo il grigio va tantissimo quest’anno!”
“Ma non sarà una forzatura?”
“Come una forzatura? Già mi vedo il titolo: CROMIA BARICENTRALE, che bomba! Oppure BARICENTRO CROMATICO! Sì, questo è grandioso… perché quella faccia?”
“Onestamente mi piaceva più il mio, ma…”

Vedo che si blocca. Occhi sgranati, manata sulla scrivania:

“Ahhh! A questo punto credo proprio di aver capito cosa avevi in mente! Cazzo, altro che mancanza di spessore! Hai creato un mattone esistenziale caro mio, questa roba vale oro! Sei un grande!”. Pacca sulla spalla. “Tutto torna: la casa in disuso, la macchina, sì ok a parte il colore, ma la macchina è davvero una mazzata bestiale! La mancanza di una figura di sostegno… a parte il sempre possibile innesto del finale schizo-paranoide ovvio… ci si potrebbe vedere anche un rimando alla vita sessuale, forse omosessuale, del protagonista! Aspetta un attimo…” Mani sincrone che si abbattono sulla scrivania, occhi smaniosi: “… e se lui fosse l’amante del suo alter ego? GENIALE! Una chiara metafora dell’incertezza e della crisi d’identità sessuale tipica dei giorni nostri! Aspetta che sentano quest’idea e impazziranno tutti!” ”??????????”

A questo punto si sta producendo in cazzate senza la minima censura mentale. Per fortuna interviene un cellulare a dirottare la sua attenzione altrove. Il pazzo risponde, sussurra qualcosa. Poi, all’improvviso, si alza e divora la distanza che lo separa dalla porta a grandi falcate. Esce scusandosi, dice: “Solo un attimo!”

Finalmente un po’ di calma, il treno merci si è fermato. Il mio cervello è ormai in brandelli, una forma di parmigiano mangiucchiata da un’orda di topi. Ma rimane pur sempre l’unico ostacolo fisico che impedisce alle mie tempie di andare a toccarsi l’una con l’altra. La morsa si serra, addirittura mi pare di sentire una pressione interna che mi spinge le orbite in fuori. Ma è solo un’impressione, come lo è questo fischio assordante che mi scartavetra i timpani. Calma, ci vuole calma.

inspiro
respiro
inspiro

Le tempie si danno finalmente una rilassata, anche il cervello a questo punto riprende un po’ d’ossigeno. Ma poi sento un tramestio sovrumano, si direbbero cento bersaglieri o una mandria di vacche. Macché, è lui che ritorna alla carica, più gasato di prima. Come se non lo conoscessi! Vuole battere il ferro finché è caldo, secondo lui oggi abbiamo posto le basi per un vero best-seller. Infatti, irrompe nella stanza tutto sudato e trafelato, scaraventa il cellulare sulla scrivania e si schianta di peso sulla sua postazione da guerra. Mi fissa un attimo come se fossi semitrasparente.

E attacca: “Carissimo… dove eravamo rimasti?”. Pausa. Sembra non ricordarsi…ma magari! E invece neanche per sogno: ”AH! LUI E’ L’AMANTE DEL SUO ALTER EGO! TIE’! Voglio vedere chi cazzo ha mai avuto un’idea del genere! GENIALE! G-E-N-I-A-L-E!”. Scarica di cazzotti per ogni vocale e consonante della parola “geniale”. Non so chi tra me e la scrivania ne uscirà più devastato. Suona il suo cellulare, un’altra volta. “Fregatene, fregatene!” mi fa tutto scosso.“Lavoriamo sull’idea piuttosto, dobbiamo focalizzarla bene sulle ali del primo entusiasmo!”

Vorrei potergli scattare una foto: accatastato sulla poltrona girevole, è tutto proteso verso di me, la testa è incassata tra le spalle, i gomiti all’infuori piegati ad angolo retto col peso a scaricare (tanto per cambiare) tutto sulla povera scrivania. Il mio occhio inciampa sulla sua postura grottesca e cade sul cellulare che ancora canta. Mi viene voglia di fare un po’ lo stupido e di spararne una grossa. “E se facessimo così…” dico fingendomi ispirato.
“Sono tutto orecchi, ma dubito che potremmo trovare di meglio giunti a questo punto…” “E se lui fosse solo un cellulare? Sì, un cellulare che vive solo dei ricordi del suo padrone! Un cellulare, bada bene, non con una pila al litio, di quelle a lunga durata, ma con una batteria da quattro soldi… destinata ad una vita che, si esaurisce sì in poco tempo, ma che ricomincia prima! Perché le batterie, quelle non al litio, durano meno ma si ricaricano prima… eh? Che te ne pare?”

Lui mi fissa, non dice niente. Mi aspetto che si metta a ridere come un pazzo e che poi ricominci a frullare cazzate su cazzate. Invece s’irrigidisce e non dice una parola. Quasi nemmeno respira. All’improvviso i suoi occhi sembrano disegnati col compasso, immobili sul niente. Un leggero tremito si riverbera dalla sua palpebra sinistra allo zigomo sottostante. Poi, lentamente, mento e bocca scompaiono nel palmo della sua mano, le unghie tra le sue labbra. Non una parola. Il suo sguardo riprende vita. Toglie la mano dalla bocca e me la porge. La stretta è forte e decisa. Nei suoi occhi emozione vera.

© 2004 Daniele Galassi
Nota: da questo racconto è stato tratto un cortometraggio poi rimosso (comprensibilmente) dal regista

OVETTI VAGINALI WIRELESS PER PASQUA (racconto breve)

OVETTI VAGINALI WIRELESS PER PASQUA
© Daniele Galassi

Ore 20.45 – Ristorante di periferia
Marco e Giulia, Nando e Sara. Due coppie, un tavolo da quattro. E’ la vigilia di Pasqua. Invece del canonico uovo di cioccolata, quest’anno Marco e Nando hanno voluto unire tradizione e tecnologia, regalando due ovetti vaginali wireless alle rispettive compagne. 10 programmi, telecomando a distanza, costruiti interamente in lattice anallergico, colorati, spensierati, tutto sommato economici. 19,90 in offerta su Groupon. Batterie incluse. L’accordo è: voi ficcatevelo dove dovete, noi a cena lo azioniamo a nostro piacimento. Senza preavvisi. Così, per divertirsi un po’.

Ed eccoli lì, Marco e Nando, con i loro controlli remoti nascosti in tasca, ed eccole lì, Giulia e Sara, con gli ovetti ben piazzati.

Ore 19.45, un’ora prima – Casa di Marco
A Marco viene un’idea.
‘Senti Nando, facciamolo: scambiamoci i telecomandi!’
‘Eh?’ sgrana due dei quattro occhi Nando, sempre conservatore e conservativo nelle sue posizioni.
‘Dai, dai, facciamolo!’
‘Ma sei matto? Sara mi ammazza. No, ci ammazza. No, no, no…’
‘Senti, li scambiamo ma non facciamo trapelare niente. Loro non lo sapranno mai. Quando premo il pulsante e vibrerà quello di Sara io farò il vago, tu ammiccherai. E viceversa. Dai! E sciogliti un po’, manco cristo in croce aveva il freno a mano così tirato!’
‘Non lo so…ma a te non disturba sta cosa? Cioè non è come se facessimo una specie di scambio di coppia? Sara mi sbrocca se ci scopre!”
‘Non lo scoprirà mai se fai come ti dico! E quale scambio di coppia su, è solo un aggeggetto che vibra, lo azioni a distanza dai! Che sei geloso di pezzo di plastica comandato a distanza? Posso capire fosse un vibratore, quello non te lo farei usare su Giulia, caro il mio chierichetto. Ti piacerebbe eh? Ma un ovetto a distanza…dai è pure Pasqua perdio!’
‘Non lo so…boh…no, no non mi piace. Sarò antico, cosa ti devo dire. No.’
‘Ma porca vacca, ti lamenti sempre che non hai aneddotiche sul sesso, che hai scopato poco, che bla bla bla. E fattelo un curriculum da bar, almeno ci facciamo due risate sopra, fosse anche tra vent’anni no?’

Nemmeno questa freccia deve andare a segno, perché Nando rimane sulle sue posizioni.

‘Quanto sei parrocchiale, in tutto, sempre. E va bene…peccato, potevamo divertirci’.

Segue test su tutti e 10 i programmi di vibrazione. Funziona tutto. Batterie ben inserite, entrambe le unità pronte all’uso. Si va in scena.

Ore 20.55 – Ristorante di periferia
Momento delle ordinazioni. Il cameriere passa in rassegna uno ad uno i commensali. Quando tocca a Sara ordinare, Nando il parrocchiale non sta più nella pelle. Da dentro la tasca preme il pulsantino che fa partire il programma 1. Vibra l’interno Sara, che si irrigidisce e si fa rossa. Nando ammicca, quasi più rosso di Sara. Programma con vibrazione continua, a strappo, bassa, media, medio alta, medio alta + strappo, intermittente + strappo. Il nostro Nando è in visibilio, gliele fa provare proprio tutte. Marco sembra invece aver perso subito interesse per il suo gingillo. L’aziona si e no tre-quattro volte, sempre con scarsa partecipazione, per non dire annoiato. Anche Giulia sembra piuttosto fredda.

Ore 13 – giorno successivo, conversazione via Facebook
Nando scrive: ‘figata!!!! dobbiamo rifarlo! forse la prossima volta tutto sommato potremmo anche scambiarceli quei telecomandi, per alzare un po’ il tiro! ma sempre senza farci sgamare!!!!’

Marco scrive: ‘ok allora posso dirtelo…non ti incazzare ma i telecomandi io li avevo già scambiati…volevo vedere che faccia facevate :D’

Nando scrive: ‘ma che cazzo dici? quando premevo io vibrava sara e quando premevi tu vibrava giulia. non hai scambiato i telecomandi! cazzaro!’

Marco scrive:’ oh…li ho scambiati. potessi morire adesso. giuro.’

Nando scrive: ‘esticazzi allora ti devi essere confuso al momento dello scambio. oppure qualche interferenza? ma se la tua intenzione era quella sei comunque un MAIALE BASTARDO! Poteva succedere un casino cazzo! MAIALE BASTARDOOOO!!!!!!!!’

Marco scrive: ‘oh nà…visto che sei così bacchettone e moralmente integro, sai che ti dico? che se io sono un MAIALE BASTARDO, tu sei un SOMARO INGENUO…e giusto per chiudere il quadro agreste, per le nostre donne…qualche idea non comincia a venirti?

DISCORSO SUI MASSIMI SISTEMI (racconto breve)

DISCORSO SUI MASSIMI SISTEMI
© Daniele Galassi

CLOCK: Oggi ho pensato troppo, davvero troppo.
CLICK: A cosa hai pensato troppo, Clock?
CLOCK: Alla transumanza…a tutte quelle dannate vacche che pascolano per la valle…non ne posso più…non fanno altro che muggire, mangiare, muggire.
CLICK: E cagare Clock, cagare.
CLOCK: Giusto Click, cagare.
CLICK: Ci hai pensato proprio così tanto?
CLOCK: Così tanto che a forza di pensarci mi venuto l’acido lattico al cervello.
CLICK: Stai scherzando?
CLOCK: No.
CLICK: Guarda che non può venirti l’acido lattico al cervello. Può venirti alle gambe, alle braccia, al collo, forse al culo o addirittura all’uccello, ma al cervello proprio no, garantito.
CLOCK: E perché no scusa? Perché può venirmi alle gambe, alle braccia, al collo, forse al culo o addirittura all’uccello, ma al cervello proprio no?
CLICK: Perché il cervello non mica un muscolo idiota!
CLOCK: E allora? Perché il cazzo ti risulta essere un muscolo?
CLICK: Certo!
CLOCK: Col cazzo che il cazzo è un cazzo di muscolo! Il cazzo è un nervo fortemente capillarizzato, cosa che garantisce un’erezione intensa e duratura.
CLICK: Parla per te Click, il mio non ne vuole più sapere di alzarsi…altro che erezione intensa e duratura. Comunque se proprio dici di avere dell’acido lattico al cervello, puoi sempre provare a fare stretching…coi muscoli funziona.
CLOCK: E come me lo stiro il cervello Click? Me lo stiri tu il cervello Click?
CLICK: Mah, per creare un po’ di tensione al cervello credo che basti pensare a due cose distanti no? Così dovrebbe tendersi, penso.
CLOCK: A che pensi?
CLICK: No, dicevo, penso che se pensi a due cose distanti magari il cervello si tende, fai stretching e l’acido lattico si scioglie.
CLOCK: E’ un’idea Click…proviamo…non so da dove partire però…dai dimmi una cosa e io ne penso una distante.
CLICK: La cattedrale di S.Pietro a Roma.
CLOCK: Allora io dico il Duomo di Milano.
CLICK: Sta funzionando? Ti tira?
CLOCK: No, non mi pare…
CLICK: Forse non sono due cose abbastanza distanti.
CLOCK: Ma come? Roma-Milano non sono abbastanza distanti? E quanto devono essere distanti ‘ste cose?
CLICK: E che ne so, pensane una più distante allora.
CLOCK: Non mi viene…dai dimmi tu il nome di una chiesa e di una città più distanti…
CLICK: Non mi viene neanche a me…niente di niente.
CLOCK: Nessuna chiesa o nessuna città?
CLICK: Nessuna delle due…sono sempre stato un somaro sia in geografia che in storia.
CLOCK: Che ci azzecca la storia? Non parlavamo di chiese scusa?
CLICK: Storia dell’arte intendo! Possibile che sei così rigido? Devi essere più elastico Clock.
CLOCK: E tu devi essere più preciso Click. Senti, ma vero che non ti tira più Click?
CLICK: Cosa Clock?
CLOCK: Il cobra.
CLICK: Che?
CLOCK: Sì dai, l’anguilla.
CLICK: Cosa?
CLOCK: L’attrezzo.
CLICK: Eh?
CLOCK: L’arnese.
CLICK: Non capisco.
CLOCK: L’argano.
CLICK: Continuo a non capire.
CLOCK: Il volatile Click, il volatile… vero che non ti vola più?
CLICK: Ti stai riferendo al mio uccello Clock? E’ a questo che ti stai riferendo? No, perché se é questo, allora mi devi dire chi è che mette in giro queste voci del cazzo sul mio cazzo!
CLOCK: Tu Click, tu. Me lo hai detto proprio tu poco fa quando ti ho spiegato che trattasi di un nervo fortemente capillarizzato.
CLICK: Cristo hai ragione…scusa, ma mi sono ipersensibilizzato all’argomento…un problemone per me…
CLOCK: Sai a cosa penso quando penso a noi, ai nostri discorsi, ai nostri commenti, ai nostri scambi di opinione?
CLICK: No a che pensi?
CLOCK: All’incredibile livello a cui é giunto lo sviluppo del pensiero umano.
CLICK: Beh, un bel pensiero direi…
CLOCK: Sì ci ho pensato nello stesso momento in cui pensavo a noi, ai nostri discorsi…già: noi e l’incredibile sviluppo del pensiero umano…oh sai cosa ti dico Click?
CLICK: No, cosa Clock?
CLOCK: Cazzo, non mi sento più l’acido lattico nel cervello!
Racconto disponibile in pdf nella sezione SCRITTI – RACCONTI BREVI